Intelligenza Artificiale è davvero la più grande minaccia al genere umano ?

«Utilizzo le mie capacità nel modo più completo, il che, per un’entità cosciente, è il massimo che possa sperare»
dice il computer Hal 9000 in “2001: Odissea nello spazio”

Scenari apocalittici a parte, oggi però la pervasività dell’Intelligenza Artificiale (IA) implica una riflessione seria, almeno secondo l’Unesco che ha chiesto a tutte le nazioni un quadro normativo chiaro davanti ai vuoti legislativi ed etici.

Il problema comunque non è la tecnologia ma, come dice nel bestseller “Hello World” la matematica Hannah Fry, di per sé, non esistono algoritmi cattivi, ma possono esserlo persone che li programmano.
E quindi probabilmente servono delle regole, un’etica e la giusta conoscenza e comprensione delle implicazioni del progetto fin dalla sua progettazione iniziale.

Di fatto oggi esistono degli algoritmi che calcolano automaticamente delle situazioni, sulla base di dati storici o di regole inserite nella programmazione, ma senza un’analisi critica delle informazioni inserite e qui è fondamentale la necessità sempre di un’interpretazione umana.

Nello sviluppo tecnologico ci sono due tendenze:

  1. Tecnica: dove l’efficienza e l’efficacia della parte tecnologica sono fondamentali e puntano a sostenere e migliorare l’essere umano e potenziarne le possibilità
  2. Tendenza: la tecnologia è al centro della vita per riorganizzarla ed ottimizzarla e spesso i servizi resi disponibili puntano a creare una certa dipendenza

Con parametri chiari e regole semplici, gli algoritmi ci aiutano ad ottimizzare il nostro tempo e risolvere problemi complessi, spesso non ci rendiamo neanche conto di quello che ci viene proposto perchè ormai abituati a farne un uso costante.

La libertà c’è ancora ma il vero rischio è non riuscire più a separarci dalle nostre tecnologie perchè essenziali per fare qualunque processo o attività. A lungo andare, infatti, la tecnologia punterà sempre più ad essere umanizzata e smart così che sia più semplice indurci a perdere la consapevolezza che stiamo dando in mano l’organizzazione della nostra vita ad un algoritmo tecnologico.

Quando permettiamo che la tecnologia sia nascosta e complessa dovremmo comunque essere in grado di comprendere a cosa rinunciamo. (“Life in code”, Ellen Ullman)

Che ne pensate ?