L’italiano c’è… perchè non usarlo ?

Perchè dobbiamo usare sempre queste parole inglesi ? Spesso anche per comprensibilità con Clienti, Conoscenti, Amici, cerco di limitarne l’uso ma soprattutto in ambito lavorativo, con clienti multinazionali o grandi società di consulenza… l’uso dell’inglese è mixato con l’italiano certe volte anche in maniera un po’ ridicola e troppo creativa.

Unica discolpa è che spesso gli inglesi sono bravi nel trovare parole uniche con significati complessi, allargati e con un’assonanza che fa molto “cool”.

Comunque come potremmo tradurre molte parole inglesi ? (spunto di un articolo letto su linkedin)

Account = Profilo utente
Barcode = Codice a barre
Caregiver = Badante
Cashback = Rimborso
Cluster = Focolaio
Delivery = Consegna a domicilio
Device = Dispositivo
Fake news = Bufale o notizie false
Flag = Spunta (in informatica)
Know how = Conoscenza/Competenza
Lockdown = Confinamento / Blocco
Outdoor = All’aperto
Over = Ultra (nell’età)
Pet = Animali domestici
Pattern = Schema / Modello
Privacy = Riservato / Riservatezza
Recovery = Ripristino
Screening = Programma di prevenzione
Sharing = Condivisione
Spread = Divario / Forbice
Spending Review = Revisione della spesa
Timing = Tabella di marcia
Trend = Tendenza
Voucher = Buono o Ricevuta
Waiting List = Lista d’attesa
Performer = Artista

Ve ne vengono in mente altri ? Scrivetemi info@fabio.today

La noia della perseveranza (spunto di Skande)

Riprendo una newsletter del mitico Riccardo Scandellari (www.skande.com) che potete leggere sul suo blog per evidenziare quanto sia importante il concetto che ha espresso nella sua newsletter relativamente alla perseveranza.

Spesso nelle strategie digitali si pretende di avere risultati immediati ma non è così.
La perseveranza è il metodo migliore per emergere sul digitale, perchè purtroppo tutti noi siamo costantemente immersi in una quantità di informazioni enorme e spesso non siamo in grado di rintracciare l’informazione che ci serve se non nel momento in cui ci arriva esattamente nel momento in cui ne abbiamo bisogno.

Ecco perchè una strategia digitale continuativa e pianificata porta i suoi vantaggi nel lungo termine che poi possono essere un volano per un circuito continuo di crescita derivante dai backlink, condivisione di contenuti, like, ecc. ecc.

La perseveranza è la carica che ogni giorno mantiene vivi e attivi i nostri propositi e la nostra fermezza nel perseguire uno scopo.

La buona notizia è che ci sono certamente utili strategie per migliorare:

  • Farti ispirare da modelli ed esempi di casi di successo
  • Cercare di non rinviare sempre ma portare avanti un piccolo obiettivo per volta puntando al risultato finale
  • Allenarti a mantenere focalizzate le operazioni e routine che devi fare, l’analisi che devi svolgere per affinare ogni volta la strategia
  • Stabilizzare l’entusiasmo e la passione cercando sempre concretezza e stabilità nei numeri e riflettendo sui risultati ottenuti
  • Mantenere alto il livello di autostima e fiducia nelle strategie che stai portando avanti, anche se inizialmente non danno i risultati sperati. Dandoti il tempo quindi di valutarne l’effettiva efficacia.

Quanto più ti lasci coinvolgere dal desiderio di avere un risultato tangibile, tanto più rafforzerai la tua perseveranza nel volerlo ottenere.

La perseveranza insieme alla resilienza, quindi la capacità di reagire invece di subire, è lo slancio audace che ci consente di affrontare i problemi e riprovare, rinnovati nelle opportunità e strategie.

A stimolare la resilienza è una predisposizione positiva, grintosa e fiduciosa. Una capacità che si può formare, accresce e migliorare con un miglioramente continuo.

Il successo quindi di una buona strategia di marketing e digitale è quindi necessario mantenere una certa perseveranza nel riuscire a mantenere l’obiettivo di sviluppo e risultato.

Vogliamo perseverare insieme in una nuova opportunità di collaborazione e un nuovo progetto ? Contattami su info@fabio.today.

Metaverso ? Una vera opportunità o solo l’entusiamo di un nuovo mondo ?

La gara per fare soldi e speculazione sfruttando tutto l’entusiasmo e l’emozione intorno al metaverso è sicuramente cominciata.

In realtà il metaverso non è altro che un mondo virtuale dove approcciare una realtà virtuale che ci porti sul concetto del vecchio progetto di “Second Life” ovviamente precursore ma forse troppo precoce per i tempi.

Oggi invece siamo tutti più abituati ad una tecnologia che non ci abbandona dalla mattina alla sera e che punta aiutandoci nelle attività quotidiane a raccogliere un mare di dati e a non perdere l’opportunità di coinvolgerci in azioni di acquisto, registrazioni newsletter, nuovi servizi, ecc. ecc.

Le tecnologie di oggi consentono un Metaverso molto diverso da quello che fu il vecchio progetto di SecondLife (2003 – https://secondlife.com) e che forse oggi è più relegato ad un videogioco. Oggi, il Metaverso si arricchisce di criptovalute, token, realtà aumentata, realtà mista con visori immersivi, una sorta di mix tra mondo reale e virtuale.

La vera strategia che sta definendo la necessità di un Metaverso è la tendenza delle persone di passare molto più tempo on-line. Sia per motivi di lavoro che per motivi personali. Inoltre la pandemia da Covid-19 ha accelerato in modo vertiginoso questo fenomeno portando anche i più scettici ad avvicinarsi ai mondi virtuali (pensiamo per esempio alle videoconferenze).

Il Metaverso sembra essere più un test per capire quanto l’utilizzatore del mondo digitale voglia veramente vivere in un mondo virtuale e interagire con esso tramite shop virtuali, prodotti e servizi virtuali, NFT, e quant’altro.

Il Metaverso è più un’opportunità per portare le persone a pensare a strumenti nuovi di interazione e controllo, ad un nuovo modo di costruire dei prodotti e servizi, ad un nuovo tipo di tecnologie che possiamo racchiudere nel concetto di Web3.

Intelligenza Artificiale è davvero la più grande minaccia al genere umano ?

«Utilizzo le mie capacità nel modo più completo, il che, per un’entità cosciente, è il massimo che possa sperare»
dice il computer Hal 9000 in “2001: Odissea nello spazio”

Scenari apocalittici a parte, oggi però la pervasività dell’Intelligenza Artificiale (IA) implica una riflessione seria, almeno secondo l’Unesco che ha chiesto a tutte le nazioni un quadro normativo chiaro davanti ai vuoti legislativi ed etici.

Il problema comunque non è la tecnologia ma, come dice nel bestseller “Hello World” la matematica Hannah Fry, di per sé, non esistono algoritmi cattivi, ma possono esserlo persone che li programmano.
E quindi probabilmente servono delle regole, un’etica e la giusta conoscenza e comprensione delle implicazioni del progetto fin dalla sua progettazione iniziale.

Di fatto oggi esistono degli algoritmi che calcolano automaticamente delle situazioni, sulla base di dati storici o di regole inserite nella programmazione, ma senza un’analisi critica delle informazioni inserite e qui è fondamentale la necessità sempre di un’interpretazione umana.

Nello sviluppo tecnologico ci sono due tendenze:

  1. Tecnica: dove l’efficienza e l’efficacia della parte tecnologica sono fondamentali e puntano a sostenere e migliorare l’essere umano e potenziarne le possibilità
  2. Tendenza: la tecnologia è al centro della vita per riorganizzarla ed ottimizzarla e spesso i servizi resi disponibili puntano a creare una certa dipendenza

Con parametri chiari e regole semplici, gli algoritmi ci aiutano ad ottimizzare il nostro tempo e risolvere problemi complessi, spesso non ci rendiamo neanche conto di quello che ci viene proposto perchè ormai abituati a farne un uso costante.

La libertà c’è ancora ma il vero rischio è non riuscire più a separarci dalle nostre tecnologie perchè essenziali per fare qualunque processo o attività. A lungo andare, infatti, la tecnologia punterà sempre più ad essere umanizzata e smart così che sia più semplice indurci a perdere la consapevolezza che stiamo dando in mano l’organizzazione della nostra vita ad un algoritmo tecnologico.

Quando permettiamo che la tecnologia sia nascosta e complessa dovremmo comunque essere in grado di comprendere a cosa rinunciamo. (“Life in code”, Ellen Ullman)

Che ne pensate ?