Esplorare il desiderio

Il bello della semplicità
L’estetica essenziale
Uno scrigno di emozioni

Il cambiamento umano, sociale ed economico nasce dal desiderio di chi vuole trasformare il mondo in cui vive. Al centro di azioni, relazioni e decisioni ci sono una serie di fattori che vanno oltre la biologia: socialità, management, imprenditorialità e politica dipendono dal «fattore desiderio». Creare valore richiede, infatti, competenze e significati. E legare azioni ad aspirazioni è la sfida per generare impatto sociale e innovazione, in un momento storico in cui il desiderio, spesso inaridito, non può che essere il motore generativo di ogni trasformazione. L’incontro è un’occasione di riflessione e condivisione per riaccendere la volontà di cambiamento, essenziale in un tempo di transizioni socio-ambientali urgenti.

Il desiderio allora, è piuttosto una “struttura” soggettiva di “mancanza” radicale, anzi è il soggetto stesso, preso dalla “mancanza” che lo costituisce e lo sostiene, ma che in quanto “mancanza” (“il desiderio è la metonimia della mancanza”, dirà Lacan), in quanto “mancanza ad essere”, lo destabilizza, lo rende incerto, vacillante, e soprattutto non lo garantisce affatto sul soddisfacimento di un ritrovamento, perché quello che il soggetto ritrova non sarà mai quello che avrà cercato e neanche quello che vuole. Sappiamo come, nel nevrotico, per esempio, il desiderio si presenta esattamente come quello che non vuole.

E se il desiderio serve all’amore, in quanto trova nell’amore la domanda del desiderio dell’Altro, la domanda di fare, come dice Lacan, esperienza del desiderio dell’Altro, dal canto suo l’amore lascia però continuamente insoddisfatto il desiderio stesso, in quanto l’amore si serve delle parole, e nelle parole il desiderio non può trovare mai il suo luogo.

Se infatti la struttura dell’amore è essenzialmente discorsiva, metaforica, di continuo accrescimento di senso, quella del desiderio è essenzialmente struttura a-discorsiva, di spostamento sempre su altro, è struttura metonimica, di continua sottrazione di senso.

Se l’amore è unitivo, discorsivo, e pretende la certezza e la stabilità dell’ancora, il desiderio è erratico, inquieto, fuori senso e fuori discorso.

Noi cercavamo un lavoro. I giovani oggi cercano uno stile di vita.

Negli anni passati, le generazioni più anziane, come i Boomers e la Gen X, hanno visto il lavoro come una priorità. Il lavoro era spesso sinonimo di stabilità, realizzazione personale e identità sociale. Molti di loro accettavano una routine lavorativa tradizionale, con poche possibilità di personalizzazione del proprio stile di vita in relazione al lavoro stesso. Si adattavano a quello che la vita lavorativa offriva, spesso mettendo da parte i propri desideri o passioni, rimanendo focalizzati sull’idea che un lavoro stabile fosse la chiave per una vita soddisfacente.

Le nuove generazioni, i Millennials e la Gen Z, hanno una prospettiva radicalmente diversa. Per loro, il lavoro è uno strumento per ottenere uno stile di vita che soddisfi le proprie esigenze e aspirazioni personali. Non è solo una fonte di reddito, ma un mezzo per realizzare una vita che includa tempo libero, esperienze significative e un equilibrio tra vita privata e lavoro. Queste generazioni sono molto più attente alla qualità della vita in tutte le sue dimensioni: dal benessere fisico e mentale alla possibilità di vivere esperienze che vanno oltre la routine lavorativa tradizionale.

Le imprese, dunque, non possono più limitarsi a offrire stipendi competitivi, ma devono creare ambienti di lavoro che favoriscano il benessere generale dei dipendenti. Le collaborazioni con palestre, musei, ristoranti, teatri e altre attività culturali diventano essenziali per attrarre e mantenere talenti giovani. La qualità della vita deve essere supportata a livello aziendale, promuovendo una cultura che riconosca l’importanza di un equilibrio tra il lavoro e gli altri aspetti della vita.


La salute: un nuovo approccio al benessere integrale

Il concetto di salute ha subito una trasformazione significativa. Mentre per i Boomers e la Gen X la salute era principalmente legata alla cura del corpo, i Millennials pongono un’enfasi crescente sul benessere mentale e emotivo.

Ansia, solitudine e stress legati all’uso intensivo dei dispositivi digitali sono stati esperimenti di vita comuni per molti. La consapevolezza di questi problemi ha portato i Millennials a rivendicare il diritto a prendersi cura di se stessi, non solo fisicamente ma anche emotivamente, e a chiedere una maggiore attenzione da parte delle istituzioni e delle imprese.

Le aziende sono chiamate a supportare questa nuova concezione di benessere, offrendo programmi che favoriscano non solo la salute fisica, ma anche la salute mentale dei dipendenti. Inoltre, la cultura del “benessere” si sta estendendo anche al mondo del lavoro, con maggiore attenzione al supporto psicologico e alla gestione dello stress.


La cultura: non solo spettatori, ma protagonisti

Il rapporto con la cultura è cambiato radicalmente. Le nuove generazioni non si limitano a consumare cultura passivamente, ma vogliono essere attori attivi, protagonisti. Non sono più soddisfatti di essere solo spettatori a eventi, mostre o spettacoli; vogliono essere parte integrante del processo culturale. Vogliono avere un ruolo nella creazione, nella discussione e nell’interazione che ruota attorno agli eventi culturali.

Questo desiderio di partecipazione e di espressione personale si traduce in una crescente domanda di eventi che permettano un’interazione diretta con il pubblico. L’idea di “cultura come esperienza collettiva” sta prendendo piede, in cui l’individuo non è solo un consumatore, ma anche un creatore di contenuti e un partecipante attivo.

In questo contesto, le città e le comunità stanno diventando sempre più centrali nella creazione di esperienze culturali, in cui le persone non solo fruiscono di eventi ma li costruiscono insieme, contribuendo così al rafforzamento del senso di comunità. Le amministrazioni comunali devono essere pronte a supportare questa nuova domanda, promuovendo eventi che siano in grado di migliorare la vita sociale e culturale delle persone.


Conclusione: Un cambiamento nei valori e nelle aspettative

In sintesi, le generazioni più giovani stanno ridefinendo le priorità e le aspettative in relazione al lavoro, alla salute e alla cultura. Se per le generazioni precedenti il lavoro era il fondamento su cui costruire una vita stabile e soddisfacente, i Millennials e la Gen Z vedono il lavoro come un mezzo per ottenere una vita che includa benessere, tempo libero e partecipazione attiva alla cultura. Il cambiamento più profondo sta nell’approccio alla vita stessa, che si basa su un equilibrio tra soddisfazione professionale, benessere fisico e mentale, e una partecipazione attiva alla cultura.

Le aziende e le istituzioni sono chiamate a rispondere a queste nuove esigenze, promuovendo una cultura del benessere, favorendo esperienze culturali che permettano l’interazione e la partecipazione, e creando ambienti di lavoro che riflettano l’importanza dell’autorealizzazione e del benessere totale.

Miglioriamo la vita di una comunità e il nostro stile di vita.

La società senza dolore

Byung Chul Han : La società senza dolore – perché abbiamo bandito la sofferenza dalle nostre vite.

Byung Chul Han, in queste dense pagine, prende in esame l’ineliminabile esperienza umana del dolore, per come essa è oggi considerata nella società che egli definisce “società palliativa”, una società in cui sopravvivere conta più del vivere, la salute, la sicurezza e il comfort in cambio dell’eliminazione del dolore.


La conseguenza è una società immersa in una anestesia permanente che non salva nemmeno l’amore, poiché anch’esso produce ferite, sofferenza e dolore. Han ritiene che sia questa spinta a sancire la vittoria del conformismo in ogni ambito: dal sociale alla politica, alla cultura.


La nuova formula di dominio che impone di essere sempre competitivi, performanti e felici, fa sì che ognuno si tenga occupato solo con se stesso, espellendo l’Altro dal suo orizzonte emotivo, reificandolo e, quindi, consumandolo.


La tendenza del “pensiero positivo, dell’ottimismo ad ogni costo” affermatasi negli ultimi decenni, ha, dunque, prodotto, eliminando la dimensione del dolore, l’arresto della rivoluzione dell’uomo.


Vince l’Edonismo, benché Empatia e Resilienza siano, al contempo, i termini che si sono affermati, evidenziando il cortocircuito di cui l’individuo è preda, una palude da cui non si esce poiché il potere ha capito e gioca sporco nella sua falsa premura di venderci sicurezza, comfort, e un poco di libertà in cambio della nostra anima.


La difficoltà di capire l’epoca in cui vivo, i suoi veloci e devastanti mutamenti, è diventato ancora più netto.

Alla ricerca dell’essenziale

“Agisco secondo il principio ‘less is more’ e mi chiedo che cosa può emergere dall’immagine, qual è l’essenza?”

Alla ricerca dell’essenziale nella fotografia è un approccio che spinge a cogliere l’essenza del soggetto, eliminando il superfluo per concentrarsi sull’autenticità e sull’emozione del momento. Questo stile si sposa bene con l’idea di utilizzare la fotografia come strumento di relax, perché favorisce un’attenzione consapevole e meditativa verso ciò che ci circonda.

Elementi chiave della fotografia essenziale:

  1. Minimalismo visivo
    Concentrarsi su pochi elementi, evitando il caos e rendendo ogni dettaglio significativo. Il minimalismo permette di creare immagini che comunicano calma e armonia.
  2. Luce e ombre
    Giocare con la luce naturale, cercando sfumature delicate e ombre che aggiungono profondità. La luce diventa protagonista e trasmette emozioni.
  3. Composizione semplice
    Utilizzare linee pulite, geometrie essenziali e spazi vuoti per trasmettere serenità. La composizione diventa un esercizio di equilibrio.
  4. Osservazione profonda
    Guardare il mondo con occhi nuovi, soffermandosi su dettagli che spesso passano inosservati: una texture, una tonalità, una forma.
  5. Espressione personale
    È un modo per raccontare emozioni e stati d’animo senza l’urgenza di “impressionare”. Ogni fotografia diventa un riflesso di chi la scatta.
  6. Uso del bianco e nero
    Togliendo il colore, ci si concentra su forma, texture e contrasto, accentuando l’essenziale.

Relax attraverso la fotografia

  • Mindfulness: Quando fotografi cercando l’essenziale, entri in uno stato di presenza totale. Ti concentri su ciò che è davanti a te, lasciando andare pensieri e distrazioni.
  • Connessione con la natura: Trovare momenti di relax fotografando paesaggi, dettagli naturali, o piccoli miracoli della quotidianità (una foglia, una goccia d’acqua, un tramonto).
  • Un momento per te stesso: La fotografia diventa un rituale personale, un modo per staccare dalla routine e dedicare tempo a un’attività che nutre la creatività.

Tecniche per iniziare

  • Porta con te una fotocamera o uno smartphone quando passeggi e sfida te stesso a scattare solo 3 foto davvero significative.
  • Esplora un tema per volta: linee, contrasti, ombre.
  • Usa una lente fissa (es. 50mm) per semplificare le scelte compositive.

Ti riconosci in questo tipo di approccio? O preferisci esplorare altre sfumature della fotografia?

“Ho bisogno della fotografia, come una sorta di terapia, mi aiuta a digerire meglio la mia vita, la rende più degna di essere vissuta.”

Contemplative Studies

I Contemplative Studies (o “Studi Contemplativi”) sono un campo di ricerca interdisciplinare che esplora le pratiche contemplative, come la meditazione, la mindfulness, la preghiera, la riflessione filosofica e altre forme di introspezione, sia da un punto di vista teorico che empirico. Questi studi uniscono approcci provenienti da diverse discipline, tra cui la psicologia, le neuroscienze, la filosofia, la teologia, la sociologia e gli studi religiosi.

  • Gli studi contemplativi non sono solo occasioni di sapere ma molto di più: sono veri e propri agenti di cambiamento e di trasformazione
  • Pratiche contemplative appartengono a tutte le culture, sia orientali che occidentali
  • La contemplazione è diversa dalla meditazione.
    La meditazione è una delle forme della contemplazione.
  • La meditazione è di due tipi:
    1. Riflessiva-speculativa (ad esempio quella cartesiana);
    2. Ricettiva (ad esempio quella Vipassana o Zazen).
  • Anche le pratiche artistiche (poetiche, pittoriche, letterarie) sono in potenza pratiche contemplative. E qui si apre un mondo.
  • Il concetto della ‘coniunctio oppositorum’ è fondamentale: le contraddizioni e i paradossi vanno accettati, gli opposti si tengono insieme
  • Gli studi sulla contemplazione sono recenti (Jon Kabat-Zinn scrive di Mindfulness negli anni Ottanta dello scorso secolo)
  • Il percorso di studio e di pratica va vissuto in prima persona (soggettività), in seconda (comunità dei discenti, dimensione dialogica, epistemologia relazionale), in terza (apprendimenti di contenuto)
  • Le pratiche contemplative sono relative a tre paradigmi, terapeutico, ascetico e conoscitivo (laddove l’ascesi è in realtà àskesis, quindi esercizio)
  • L’approccio multidisciplinare e interculturale è salvifico e potente
  • Il “punctum” di Roland Barthes diventa elemento chiave per comprendere il tutto
  • Il principio della complessità “tra l’ordine e il caos”

Obiettivi principali

  1. Esplorare l’esperienza umana: Comprendere come le pratiche contemplative influenzano il benessere, la cognizione, le emozioni e il comportamento.
  2. Integrare antiche tradizioni e scienza moderna: Analizzare e reinterpretare le pratiche di tradizioni spirituali e religiose in un contesto contemporaneo.
  3. Promuovere il benessere e l’educazione: Studiare come le pratiche contemplative possano essere applicate in contesti educativi, terapeutici e organizzativi per migliorare la salute mentale e fisica.

Applicazioni

  • Salute e benessere: Utilizzo di tecniche contemplative per la gestione dello stress, la prevenzione del burnout e il trattamento di disturbi psicologici.
  • Sviluppo personale: Potenziamento dell’autoconsapevolezza e della resilienza.
  • Educazione: Promozione di una maggiore attenzione e capacità di apprendimento negli studenti.
  • Leadership e organizzazioni: Applicazione nelle aziende per migliorare la consapevolezza, la comunicazione e la produttività.

Parlare di studi contemplativi come futuro della formazione significa riconoscere il potenziale trasformativo di queste pratiche per affrontare le sfide del mondo contemporaneo, caratterizzato da complessità, distrazioni digitali e necessità di una profonda capacità di adattamento e riflessione.

L’aggiunta di questo approccio cosa può offrire ?

1. Risposta al sovraccarico di informazioni

  • Problema attuale: L’iperconnessione e la sovrabbondanza di stimoli stanno diminuendo la capacità di attenzione, approfondimento e riflessione.
  • Soluzione contemplativa: Le pratiche contemplative, come la mindfulness, favoriscono il focus, l’autocontrollo e la capacità di gestire l’overload informativo, elementi essenziali per un apprendimento efficace.

2. Sviluppo di competenze trasversali (soft skills)

  • Esigenza del mercato: Le aziende e le istituzioni cercano individui capaci di resilienza, empatia, creatività e leadership.
  • Benefici degli studi contemplativi:
    • Empatia e collaborazione: Migliorano le relazioni interpersonali grazie alla pratica dell’ascolto profondo e della consapevolezza.
    • Resilienza: Preparano a gestire situazioni complesse senza reazioni impulsive.
    • Creatività: La riflessione profonda favorisce l’emergere di idee innovative.

3. Educazione centrata sull’essere umano

  • Limiti dei modelli tradizionali: L’istruzione spesso si focalizza su nozioni tecniche e nozionistiche, trascurando la crescita personale e il senso critico.
  • Prospettiva contemplativa: Gli studi contemplativi invitano a un’educazione olistica, che unisce mente, corpo ed emozioni, aiutando gli studenti a trovare un senso nel loro percorso formativo e nella vita.

4. Promozione della salute mentale

  • Crisi attuale: Ansia, depressione e burnout sono in aumento tra studenti e professionisti.
  • Contributo delle pratiche contemplative:
    • Riduzione dello stress e miglioramento della regolazione emotiva.
    • Maggiore consapevolezza dei propri pensieri e comportamenti.

5. Approccio interdisciplinare

  • Innovazione educativa: Gli studi contemplativi combinano neuroscienze, filosofia, arti, spiritualità e scienze cognitive, offrendo agli studenti un percorso formativo ricco e multidimensionale.
  • Valore aggiunto: Questo approccio prepara gli studenti a navigare in contesti lavorativi e sociali complessi, dove il pensiero critico e la capacità di sintesi sono fondamentali.

6. Strumento per un cambiamento culturale

  • Le pratiche contemplative non solo formano individui consapevoli, ma promuovono anche una cultura di pace, inclusività e sostenibilità, valori essenziali per affrontare le grandi sfide globali.

Esempi pratici

  • Mindfulness nelle scuole: Programmi che integrano la consapevolezza per migliorare la concentrazione e ridurre il bullismo.
  • Leadership consapevole nelle università: Corsi per studenti e dirigenti futuri che uniscono strategia e riflessione interiore.
  • Design thinking contemplativo: Unire creatività e riflessione per sviluppare soluzioni innovative.

Integrare gli studi contemplativi nella formazione significa preparare le persone non solo per una carriera, ma per vivere con autenticità e impatto in un mondo in continua trasformazione.

Vuoi approfondire e confrontarci sul tema ? Scrivi info@fabio.today

Elogio alla complessità

Osservando la società attuale non si può non dire che stiamo vivendo una vita complessa, una visione della vita che deve tener conto di una serie di variabili. Inoltre è necessaria la conoscenza per raccogliere informazioni di insieme e non notizie parziali o addirittura false per riuscire a farsi un’idea consapevole.

Spesso abbiamo paura della complessità e ricerchiamo la semplicità o la semplificazione, cerchiamo di evitare tutto ciò che ci richiede troppo tempo, concentrazione o impegno.

Viviamo nell’epoca della comunicazione istantanea, dei messaggi brevi, delle statistiche, delle emozioni immediate e rapide e delle vincite facili. La complessità è invece un tema da approfondire che ci può arricchire e dare la possibilità di estendere la nostra conoscenza.

Analizzare la complessità è una sfida che ci consente di affrontare i temi ed esserne critici e ci consente di ragionare sui temi che dovremmo affrontare per comprendere maggiormente.

Ignoranza
E’ uno dei problemi, maggiore è complesso il tema più difficile è comprenderlo ed affrontarlo.
Spesso l’ignoranza ci porta a banalizzare o negare un problema. Spesso non avere i giusti strumenti di comprensione ci porta a negarne l’esistenza.

Strumenti
La complessità richiede strumenti che ci permettano di dominarla e gestirla. Da ingegnere informatico so bene quanto sia importante analizzare bene un problema, evidenziarne gli aspetti critici, identificare gli obiettivi. Questa però è un’analisi solo basate su regole standard e oggettività che spesso ci fa mettere in secondo piano gli aspetti soggettivi e qualitativi che fanno parte comunque di una decisione ragionata e consapevole.
I numeri servono, assolutamente e indubbiamente. Ma sono numeri: non possono sostituire la capacità di lettura dei fenomeni e soprattutto dei segnali deboli, il giudizio qualitativo, le intuizioni e le inclinazioni dei singoli, la necessità di studiare e comprendere i contorni e le sfacettature.

Ridurre tutto al consenso
Un altro modo di evitare la complessità è quello di gestire le cose sulla base del consenso, che nel tempo dei social network e di Internet si manifesta nei “likes” o nei sondaggi istantanei.
Non è tutto lì il mondo per interpretare i cambiamenti, anche perché di solito rispondono solo i pochi che hanno voglia di mettersi in gioco e restano fuori la gran parte del pubblico. Spesso per gestire la complessità è necessario anche prendersi le proprie responsabilità personali.

Singolarità
Abbiamo paura di essere una anomalia, una singolarità, di essere solo noi a pensarla così… e quindi preferiamo conformarci al pensiero comune o quello della maggioranza. Questo perché magari la decisione da prendere è complessa e abbiamo paura di dovercela gestire da soli con magari anche il dissenso del gruppo.

Fallimento
L’errore è una macchina, è un elemento che non ci gratifica perché ci sentiamo sbagliati. Affrontare la complessità è invece più facile per chi non ha paura di sbagliare, oppure si assume l’eventuale rischio dell’errore che comunque è motivo di crescita personale, confronto, discussione, studio.
E’ dall’incontro di personalità diverse che cresce anche una comunità e la società stessa.

Vivere la complessità è quindi importante da gestire e ci possono essere degli elementi interessanti da analizzare.

  • La complessità va studiata e compresa
    Servono competenze, conoscenze e soprattutto una attitudine che spesso sottovalutiamo o ignoriamo.
  • La complessità va affrontata in modo organico e sistemico
    Non bastano cose già pronte ma servono capacità di analisi e di strutturazione dei problemi.
  • Per la complessità serve coraggio, intelligenza, pazienza, trasparenza e onestà intellettuale.

“Il pensiero complesso cerca di collegare ciò che è separato, di riconoscere le diversità nelle unità e di cogliere le interdipendenze.” Edgar Morin

“Nel mondo della complessità, non possiamo aspettarci di gestire i sistemi come macchine prevedibili, dobbiamo imparare a guidare l’imprevedibilità e l’adattamento.” Margaret Wheatley

Perchè questo blog ?

Ciao a tutti!

Indovinate come mi chiamo ? Sono Fabio.

Questo blog è più un archivio di copia e incolla che un originale blog scritto tutto da me.
Purtroppo ho sempre poco tempo ma vorrei comunque raccogliere in un magazine spunti comuni da varie fonti di informazioni e qualche articolo originale.

Spero nessuno se la prenda per il copyright infatti la fonte per i contenuti non miei è sempre citata.

Per qualunque segnalazione, suggerimento o commento scrivete pure a info@fabio.today 

Le comunità virtuali creano solo l’illusione di intimità

Le comunità virtuali che hanno sostituto quelle naturali, creano solo l’illusione di intimità e una finzione di comunità. Non sono validi sostituti del sedersi insieme ad un tavolo, guardarsi in faccia, avere una conversazione reale. Né sono in grado queste comunità virtuali di dare sostanza all’identità personale, la ragione primaria per cui le si cerca. Rendono semmai più difficile di quanto non sia già accordarsi con se stessi. Le persone camminano qua e la con l’auricolare parlando ad alta voce da soli, come schizofrenici, paranoici, incuranti di ciò che sta loro intorno. L’introspezione è un’attività che sta scomparendo. Sempre più persone, quando si trovano a fronteggiare momenti di solitudine nella propria auto, per strada o alla cassa del supermercato, invece di raccogliere i pensieri, controllano se ci sono messaggi sul cellulare per avere qualche brandello di evidenza che dimostri loro che qualcuno da qualche parte, forse li vuole o ha bisogno di loro.

ZYGMUNT BAUMAN, Intervista sull’identità (Laterza 2003).

Fonte libriantichionline.com

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Tirame sù: un dolce che è un’emozione.

Ormai è certo il tiramisù, in dialetto trevigiano “Tirame sù”, nasce a Treviso nel 1969 presso il locale storico “Le Beccherie”, dove per la prima volta viene reso pubblico il dolce all’interno di un ristorante.
La sua origine sembra nascere dallo “sbattutin”, colazione a base di tuorlo d’uovo sbattuto con zucchero, che si faceva ai bambini per tirargli su e dargli forza con un pasto ipercalorico!
La proprietaria del ristorante “Le Beccherie”, con l’allora pasticciere del locale Roberto Linguanotto, comincia un periodo di sperimentazione che porta poi nel 1972 a realizzare la ricetta del Tiramisù originale di oggi con abbinando nella crema il mascarpone (rigorosamente fresco e non confezionato).

La ricetta del tiramisù originale
12 tuorli d’uovo non freddo non freddo da frigo
1/2 kg di zucchero
1 kg di mascarpone non freddo da frigo
60 savoiardi
q.b. caffè
q.b. cacao in polvere amaro

La preparazione originale
1. Preparare il caffè e lasciarlo raffreddare in una ciotola
2. Montare a spuma 12 tuorli d’uova con ½ kg di zucchero ed incorporarvi 1 kg di mascarpone ottenendo così una crema morbida. Il mascarpone va incorporato poco per volta, facendolo amalgamare bene.
3. Bagnare 30 savoiardi con caffè facendo attenzione a non inzupparli troppo e disporli in fila al centro di un piatto circolare.
4. Spalmare sui savoiardi metà della crema e poi sovrapporre un altro strato di 30 savoiardi bagnati con il caffè’, spalmare poi la superficie con la rimanente crema di mascarpone.
5. Cospargere il mascarpone con del cacao magro setacciato.
6. Mettere in frigo fino al momento di servire e comunque per almeno 3 ore.

Da ricordare, che la forma del Tiramisù originale alle Beccherie è circolare, veniva servito in “spicchi” e “contrassegnato” da un marchio in cacao riportante l’insegna del locale.

Alcune indiscrezioni:
Si narra nella leggenda che in realtà il Tiramisù sia nato ancora negli anni metà/fine 1800 come rinvigorente per gli uomini e per merito di una “maitresse” di una casa di piacere in centro storico a Treviso, che utilizzava il “tirame sù” come dolce a base di uovo, zucchero e rhum (stile zabaione) per riportare gli uomini ad un nuovo vigore al ritorno a casa per i loro doveri coniugali. Praticamente un viagra dell’800. Un po’ in stile “Signore e Signori” 🙂





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Coronavirus: torneremo alla normalità ?

In questo periodo di crisi, tutti cercando di fare analisi sul post-pandemia che sta ormai coinvolgendo pesantemente l’Italia ma a cascata tutti gli altri Paesi.
Purtroppo indipendentemente dall’esito di questo periodo, dovremmo abituarci a modalità operativi e uno stile di vita ed economico che nuovamente cambierà pesantemente le nostre vite.

Leggendo un articolo apparso sul MIT Technology Review, rivista ufficiale del MIT (rintracciabile qui https://www.technologyreview.com/s/615370/coronavirus-pandemic-social-distancing-18-months/) si capisce subito come la situazione non sarà semplice.

Dopo il periodo di crisi attuale avremo infatti la necessità di mantenere comunque lo stato d’allerta per un periodo prolungato, si stima almeno un anno, a meno che non si riesca in tempi brevi a raggiungere una cura e un vaccino.

Su questo lato tecnologico, stanno nascendo molti progetti per condividere risorse computazionali, prestazioni e conoscenze, in maniera di mettere tutta la capacità di elaborazione possibile a disposizione della ricerca medica per raggiungere presto la sintesi di una proteina in grado di sconfiggere questo virus.

Come cambieranno gli scenari ?

  1. Bisognerà mantenere comunque uno stato di allerta
  2. Determinate attività dovranno riqualificarsi in modalità nuove, magari a distanza per evitare l’assembramento di persone e quindi rischi inutili
  3. Ci sarà una crescita dei consumi on-line e di tutti quei servizi che lavorano “a distanza” come consegne a domicilio
  4. Ci sarà un maggiore utilizzo dei dati sanitari, degli spostamenti con la geolocalizzazione e questi dati saranno utilizzati per certificare lo stato di salute della persona o per garantire che non sia venuta a contatto con persone a rischio
  5. Sicuramente si svilupperanno tecnologie per l’intelligenza artificiale e per creare scenari di rischio così da evitare nuove pandemie.
  6. Dovremmo riqualificare l’economia, creando strutture di imprese più solide, con un profilo economico/finanziario in grado di sostenere periodi di criticità. Probabilmente molte piccole realtà verrano incorporate o potranno chiudere.
  7. Molte professioni cambieranno, ridimensionando il loro contatto con il pubblico allo stretto necessario utilizzando maggiormente tecnologie che dovranno migliorare e avere un accelerazione in termini di funzionalità e operatività per garantire la qualità del servizio.
  8. E molto altro… che oggi è ancora in realtà difficile da ipotizzare.

Che ne pensate ?

L’importante è non perdere la speranza, essere ottimisti e imparare ad adattarsi al cambiamento. Nuovamente.

Un abbraccio a tutti.

Fabio.